Il nome in minuscolo sottolinea l’essenzialità, solo apparente, di una vettura ricca di ricercati dettagli stilistici provenienti dal glorioso passato delle sportive italiane, nobilitata anche da una raffinata meccanica e da un telaio da spider di razza.
Nel corso degli anni Novanta Fiat, guidata dall’Ing. Paolo Cantarella, allarga la produzione inserendo vetture ricche di personalità e capaci di suscitare emozioni tanto da ferme quanto alla guida. Quasi in contemporanea alla gestazione della Fiat Coupé, arriva il momento di creare una sportiva scoperta.
Lo sviluppo nasce intorno al pianale “Tipo B”, più piccolo di quello della Coupé, prima ancora dell’esordio della Fiat Punto costruita proprio su quella nuova piattaforma. È lo stesso designer greco Andreas Zapatinas, entrato in Fiat nel 1988, a raccontare di aver ricevuto dall’allora manager del Centro Stile Fiat Mario Maioli, la Vigilia di Natale del 1990, l’incarico di disegnare una spider sul pianale della vettura che dovrà sostituire la Fiat Uno.
Lo staff del Centro Stile Fiat è popolato da giovani talenti, nascono così due cordate parallele e concorrenti che dimostrano il loro spirito libero sin dai soprannomi attribuiti ai due progetti, presi direttamente dal menù di una pizzeria: “Diavola” è la proposta dal team guidato da Chris Bangle, “Marinara” quella del gruppo di Andreas Zapatinas. La prima è la trasformazione in chiave spider della Fiat Coupé, poco più avanti nella fase progettuale e anch’essa opera dal gruppo di Chris Bangle; la seconda, stilisticamente meno innovativa, attinge a diversi elementi stilistici di famose spider italiane.
Il management Fiat sceglie quest’ultima, anche per differenziarla maggiormente dalla sorella con il tetto in lamiera. Il passo, rispetto alla futura Fiat Punto è più corto di 17 cm, così l’abitacolo risulta arretrato dietro al lungo cofano motore. Le linee sono morbide e tondeggianti. È essenziale nell’aspetto generale e nell’assenza di fronzoli allo scopo di contenere al massimo il peso, in realtà presenta dettagli, anche sofisticati, che si rifanno a gloriose sportive del passato. Nasce così la Fiat barchetta in minuscolo, come riporta la scritta in corsivo sulla plancia, davanti al passeggero.
La scelta del nome la racconta lo stesso AD Cantarella in un curioso video promozionale dell’epoca, in cui l’Amministratore Delegato di Fiat viene intervistato dall’attrice Catherine Spaak, testimonial della nuova spider torinese:
“Barchetta è un concetto di automobile: una definizione. Si definisce barchetta una vettura scoperta con il posto di guida chiuso [..] e l’abitacolo è strettamente racchiuso dal colore della vettura”.
Nel video l’AD descrive i dettagli stilisti evocativi. Il primo viene definito “una citazione storica”: sono le maniglie a scomparsa, ispirate a quelle della Cisitalia Pinin Farina, vettura esposta al MOMA (Museum of Modern Art) di New York, definita scultura in movimento. I fari carenati sono un altro richiamo alle spider del passato, mentre “il rilievo laterale che descrive tutta la fiancata” è una citazione che ricorda “la prima barchetta italiana, la più famosa, la capostipite: la Ferrari 166 (MM) della fine degli anni Quaranta, carrozzata Touring”.
Ricercata negli stilemi, dotata di un telaio sportivo e di un sofisticato motore da oltre 130 CV, la Fiat barchetta è prodotta a partire dalla fine del 1994. L’esordio in pubblico al Salone di Ginevra del 1995: è subito un successo, anche all’estero.
L’abitacolo è corto, la capote in tela si nasconde sotto a una chiusura che abbraccia i due sedili, sportivi e avvolgenti, come si conviene a una vera sportiva. Il volante a tre razze, praticamente verticale, permette il perfetto controllo e agevola la lettura del quadro strumenti che ha al centro il contagiri e due strumenti circolari ai lati, mentre la corta leva del cambio è vicina al volante.
Anche degli interni Cantarella sottolinea due dettagli, come sulla Fiat Coupé il colore della carrozzeria viene ripreso nell’abitacolo: nei pannelli porta e nella parte inferiore della plancia, zona solitamente poco rifinita. Il secondo è, per la prima volta su una Fiat, l’autoradio integrata nella plancia, tra le tonde bocchette di aereazione e i tre comandi circolari della climatizzazione che riprendono, nella disposizione e nelle proporzioni, gli strumenti del cruscotto.
Il telaio subisce molte modifiche per migliorarne la rigidità torsionale in assenza del tetto: diversi longheroni e traverse scatolate irrobustiscono il pianale, mentre la cornice che regge il parabrezza svolge anche funzione di roll-bar. Grande attenzione alla sicurezza ma soprattutto certosina ricerca del piacere di guida per ovviare all’assenza della divertente trazione posteriore con il maggior controllo, in condizioni di scarsa aderenza, offerto da quella anteriore. Per questo molle e ammortizzatori sono tarati per fornire un assetto sportivo.
Sotto al cofano il quattro cilindri 1,8 litri 16 valvole. Per la prima volta in casa Fiat il motore è dotato di variatore di fase nell’aspirazione: è noto come Pratola Serra, dall’ubicazione in provincia di Avellino dello stabilimento di produzione. Questa geometria variabile consente di offrire una migliore rotondità complessiva: brillante sin dai bassi regimi ma dotato di un buon allungo fino a 6.300 giri, con 131 CV di potenza massima. Adeguato alla potenza l’impianto frenante: efficace e particolarmente pronto come deve essere in una sportiva di razza.
La produzione inizia alla fine del 1994 in quella che si può definire una catena di montaggio “diffusa” in una larga cerchia intorno a Torino: la ditta ILCAS a Sparone stampa e salda le lamiere, Maggiora assembla le vetture nell’ex-stabilimento Lancia di Chivasso, inserendo i motori provenienti da Pratola Serra, mentre cambio e differenziale escono dalla fabbrica di Termoli. Infine, le scocche vengono verniciate a Grugliasco presso la carrozzeria Bertone.
La presentazione alla stampa internazionale avviene a febbraio ’95 in Spagna, a Jerez de la Frontera per poter dimostrare le ottime doti dinamiche anche in circuito. La Fiat barchetta fa il suo esordio pubblico al Salone dell’Automobile di Ginevra poco dopo, a marzo. Quasi quanto l’originale Targa degli anni ’70 e ‘80, la Fiat X 1/9, anche la Fiat barchetta riscuote molto successo all’estero. Da sottolineare quello in nazioni particolarmente esperte ed esigenti nel settore delle spider, come Inghilterra e Giappone malgrado la guida a sinistra, segno che il lavoro svolto, sia sul piano estetico sia nella ricerca del massimo piacere di guida, ha raggiunto l’obiettivo.
La produzione prosegue fino al 2002 seguendo lo stesso iter di assemblaggio e verniciatura, con un’interruzione che precede il lancio del restyling nel 2003 quando riprende negli stabilimenti di Mirafiori per terminare definitivamente nel 2005, dopo oltre 57 mila unità prodotte. Considerata ancor oggi autentica “instant classic” la Fiat barchetta ha avuto il merito di dimostrare quanto una spider possa essere divertente e appagante anche con la trazione anteriore.