Stimolato dai successi delle vetture Sport, come la D24 Spider, Gianni Lancia decide che è giunto il momento di approdare all’emergente massima divisione: la Formula 1. L’ambizioso progetto è affidato a Vittorio Jano.
Negli anni Cinquanta il costruttore torinese Lancia cambia approccio nei confronti delle competizioni: mentre il fondatore Vincenzo costruisce vetture in grado di correre unicamente per i clienti, il figlio Gianni, subentrato al comando dell’azienda dopo l’improvvisa e prematura scomparsa del padre e affascinato delle competizioni, decide di costituire la Squadra Lancia per partecipare ufficialmente alle gare. La vittoria di classe dell’Aurelia B20 GT alla 1000 Miglia del 1951, con la conquista del secondo posto assoluto, è lo stimolo, ma si potrebbe anche dire l’espediente, per costituire la scuderia ufficiale.
Per alimentare la nuova Squadra Corse Lancia nascono le prime vetture Sport, inizialmente derivate dall’Aurelia, ma sempre più concepite e realizzate come auto unicamente da corsa. Si passa dalla Lancia D20 Coupé Sport, carrozzata da Pinin Farina, alla D23, per approdare alla tanto elegante quanto vincente Lancia D24 Sport Spider.
Benché all’epoca la Formula 1 non fosse così rilevate come oggi, in pochi anni si era già costruita la fama di categoria ai vertici del motorsport, la massima espressione della velocità su quattro ruote a livello mondiale. La sfida stuzzica le ambizioni di Gianni Lancia che nel 1953 affida il compito di creare la monoposto Lancia da Formula 1 a Vittorio Jano, che in Fiat, ma soprattutto in Alfa Romeo si era distinto nella progettazione dei motori adatti alle competizioni. Inoltre, in Lancia Jano aveva già offerto un particolare contributo alla progettazione dell’Aurelia. Nasce così, sotto la sua direzione, il progetto Formula 1 che prede il nome di Lancia D50.
L’equipe di Vittorio Jano realizza una monoposto del tutto originale, costruita intorno al motore V8 con bancate a 90° di 2.488 cc da 260 CV progettato da Ettore Zaccone Mina. La cilindrata rispetta il regolamento F1 dell’epoca, ma il maggior frazionamento rispetto ai V6 delle vetture Sport, consente regimi di rotazione più elevati e, quindi, una potenza specifica superiore. L’architettura è molto sofisticata, con due alberi a camme in testa per ciascuna bancata, doppia accensione e alimentazione con quattro carburatori doppio corpo. Lubrificazione forzata a carter secco e radiatore dell’olio.
Ma più del motore sono le scelte tecniche complessive che rendono la Lancia D50 unica nel suo genere. La monoposto è equipaggiata con due originalissimi serbatoi per la benzina posti al di fuori della carrozzeria, in due filanti sagome esterne collocate tra le ruote anteriori e quelle posteriori. L’inconsueto profilo viene anche sottoposto a diversi test nella galleria del vento del Politecnico di Torino, che confermano l’efficacia aerodinamica della soluzione.
L’architettura della D50 non è del tutto convenzionale: il motore, collocato dietro l’asse delle ruote anteriori, non solo ha funzione portante per irrobustire il telaio, ma è montato con una inclinazione di 12° rispetto all’asse longitudinale, per permettere all’albero di trasmissione di passare a lato e non sotto il sedile del pilota: la posizione di guida ribassata avvantaggia così l’aerodinamica. Frizione, cambio a cinque marce e differenziale sono alle spalle del pilota. Le sospensioni sono indipendenti, con molla a balestra trasversale all’avantreno e ponte de Dion sull’asse trattivo posteriore.
Dopo la conquista di due campionati di Formula 1, nel 1952 e ’53, Alberto Ascari accetta la sfida proposta da Gianni Lancia di correre per la sua scuderia con la nuova Lancia D50. La vettura è estremamente veloce ma non sempre fortunata: riesce comunque a lasciare un segno e vincere un mondiale dopo l’approdo a Maranello.
Gianni Lancia convince il pluri-campione di Formula 1 Alberto Ascari a sposare il progetto D50 e il pilota milanese si fa seguire dall’amico di sempre: il fedele Luigi “Gigi” Villoresi, già compagno di squadra ai tempi delle Maserati a metà degli anni Quaranta. Lo sviluppo della monoposto si rivela complesso: l’esordio avviene il 24 ottobre 1954 a Barcellona, al Gran Premio di Spagna, ultima prova del campionato. Ascari in qualifica mette la sua Lancia D50 davanti a tutti, dimostrando le qualità della nuova monoposto; Villoresi parte dalla quinta piazza. In gara Ascari è saldamente al comando ma al decimo degli ottanta giri è costretto al ritiro per problemi meccanici. Stessa sorte per Villoresi, che si ferma nelle prime tornate.
L’anno seguente la Lancia deve far macinare chilometri alla D50 per migliorare l’affidabilità e far progredire un progetto che è in costante evoluzione. Per questo decide di partecipare a quante più gare possibili. Schiera tre vetture al Gran Premio del Valentino a Torino, gara non valida per il campionato. Ascari parte in pole position e, dopo un po’ di lotta iniziale, domina la gara precedendo la Maserati dell’argentino Mieres, mentre Villoresi finisce sul gradino più basso del podio davanti al giovane Eugenio Castellotti con la terza Lancia D50. L’8 maggio, Ascari domina un’altra gara extra-campionato, il Gran Premio di Napoli e ancora una Maserati, questa volta dell’italiano Luigi Musso, precede l’altra Lancia del fedele Villoresi.
Il campionato del 1955 si apre con il Gran Premio d’Argentina, dominato dal beniamino di casa Juan Manuel Fangio su Mercedes, ma alla seconda gara a Monaco, sul circuito cittadino di Montecarlo, l’argentino si schiera sulla griglia di partenza in prima posizione affiancato, con lo stesso tempo di 1’41”.1, da Alberto Ascari con la Lancia D50. Eugenio Castellotti è quarto dietro all’altra Mercedes di Stirling Moss. Altre due Lancia D50 prendono il via: Villoresi dalla settima piazza e il monegasco Chiron più attardato.
I regolamenti sono diversi da quelli attuali: la gara termina dopo ben 100 giri del tracciato cittadino. Al via Ascari non scatta benissimo, e per buona parte della corsa in testa si trova la Mercedes di Stirling Moss, che impone un ritmo infernale doppiando quasi tutti gli avversari. Un passo così sostenuto da riuscire a mettere in difficoltà anche la sua stessa monoposto, che lo abbandona quando mancano solo una ventina di giri alla bandiera a scacchi. Si spiana così la strada per Ascari che però incappa in uno spettacolare incidente in prossimità del porto: un comportamento anomalo dei freni lo costringe a scegliere la via del mare per non centrare una tribuna gremita o impattare violentemente contro un muretto. Ascari esce dall’acqua indenne ma la gara è persa. Castellotti riesce a conquistare il secondo gradino del podio dopo oltre tre estenuanti ore di gara, mentre Villoresi precede Chiron rispettivamente al quinto e sesto posto.
La malasorte non abbandona il pilota milanese che, solo quattro giorni dopo, perde la vita a Monza provando la Ferrari Sport con cui Castellotti e Villoresi avrebbero corso di lì a poco. La scomparsa del pilota di punta, diventato negli anni amico di Gianni Lancia, fa precipitare l’imprenditore torinese in una sconfortante crisi che lo costringerà ad abbandonare le corse e cedere le quote dell’Azienda.
Tutto il materiale della Formula 1, sei vetture complete, due telai e molte parti meccaniche, viene ceduto alla Ferrari che lo utilizza con alcuni adattamenti facendo ulteriormente evolvere la monoposto. Non solo vetture e componenti: anche lo stesso Vittorio Jano lascia Torino per prendere la strada di Maranello. Nasce così l’inedita Ferrari-Lancia D50 che consente a Juan Manuel Fangio, nel 1956, di laurearsi per la quarta volta Campione del Mondo.
È possibile ammirare un esemplare di Lancia D50 perfettamente conservato presso l’Heritage Hub Stellantis di Torino nella sezione “Records and races”, che celebra le automobili vittoriose nei principali circuiti del mondo.
DA OGGI LA TUA PASSIONE PUÒ CONTARE SU UNA SQUADRA D'ECCELLENZA
Certificato d'origine, certificazione d’autenticità, restauro.