Quando si parla di auto, design è sicuramente una delle parole più ricorrenti. Roberto Giolito, a capo del dipartimento Heritage, ci ha aiutato a fare chiarezza illustrando alcuni tra i primi importanti esempi di car design su larga scala, quali la FIAT 500 A “Topolino”, la Citroën TPV e la sua diretta evoluzione, l’intramontabile 2 CV.
Che cosa si intende per industrial design e qual è il suo ruolo nel settore dell’automotive?
Design è un termine che, riferendosi a numerose aree di interesse – produzione, architettura, editoria, moda – sembra cambiare il proprio significato in base al contesto nel quale viene utilizzato. Di regola, per design si intende il lavoro di progettazione a livello industriale che ha l’obiettivo di sintetizzare i requisiti tecnici, funzionali ed economici di oggetti prodotti in serie. Possiamo definire l’industrial design come un incontro armonico e coerente di tutte le soluzioni legate alla funzionalità, l’usabilità, l’ergonomia, l’estetica e la realizzabilità su scala industriale di un prodotto.
Uno dei campi in cui il termine design si utilizza con maggiore frequenza, spesso non accompagnato da una sufficiente precisione, è proprio quello dell’automotive. Il progetto di un nuovo modello di automobile è il risultato di un lavoro complesso che vede coinvolte professionalità diverse. Un lavoro articolato che ha inizio sin dalle prime fasi di impostazione e non si esaurisce nemmeno nell’assemblaggio finale sulle linee di produzione.
Sulla base della mia esperienza pratica, credo che il design automobilistico non abbia mai ricevuto il giusto riconoscimento per essere ammesso allo stato nobile del pensiero progettuale, essendo il più delle volte retrocesso nell’ambito della progettazione del prodotto o delle operazioni di restyling.
La sensazione è che troppo spesso il lavoro del designer sia confuso con quello di stilista di auto.
Nel microcosmo del design automobilistico, esiste una chiara distinzione tra designer e stilista. Il primo si concentra sull’interior design e sugli studi di layout generale, modellando il volume esterno solamente in una fase successiva, mentre il secondo affronta direttamente il concetto di una forma esterna che in pratica costituisce l’aspetto più distintivo e diffuso del design automobilistico. Lo stilista di auto spesso lavora nel rispetto e nell’aggiornamento degli stilemi che rendono riconoscibile una specifica marca di automobili. Un po’ come in un conservatorio, l’obiettivo è quello di proporre modelli nuovi che mantengano salde le soluzioni tecnologiche e i principi estetici propri di un marchio.
Quando però si intende risolvere problemi che in certi casi sorgono da nuove esigenze di utilizzo del target o da un nuovo modello di mobilità che si sta presentando, occorre uscire dagli schemi utilizzati fino a quel momento per provare a immaginare nuove soluzioni che vadano incontro agli utilizzatori di domani. Il car designer deve costantemente operare una sintesi tra le diverse istanze che stanno alla base di un prodotto industriale, in questo caso l’automobile.
Quando il concetto di design entrò nel mondo dell’automotive?
Direi sin da subito. Gli Anni ’30 furono il periodo in cui si iniziò a pensare concretamente alle automobili come mezzo di trasporto destinato a un largo pubblico. E anche se fino agli Anni ’60 l’automobile restò di fatto un bene per pochi, fu in questa fase che fu necessario occuparsi di temi quali l’ottimizzazione dei processi, la razionalità nell’uso di materiali e dei componenti, la riduzione generale del peso dei veicoli. Tutto ciò con l’obiettivo di contenere i costi produttivi per rendere l’automobile accessibile a un pubblico più vasto possibile. Tra le due guerre, l’inasprirsi delle tensioni politiche e le conseguenze della Grande depressione portarono a nuove idee riguardanti gli schemi di costruzione e le architetture dei veicoli. Successivamente, a partire dal Secondo dopoguerra, l’auto smise di essere un bene esclusivo e iniziò a essere concepita come un mezzo destinato alle famiglie della classe media, diventando il simbolo del sogno di emancipazione e progresso. Questo ebbe immediatamente un forte impatto sull’immaginario collettivo e sull’orientamento al consumo. È in questo momento che ebbe origine l’idea di “auto del popolo”.
A partire da questo scatto decisivo e rivoluzionario nel corso dell'evoluzione dell’automobile, la vera sfida dei progettisti fu realizzare automobili proponendo soluzioni ad hoc in grado di garantire buone prestazioni ricorrendo a una disponibilità limitata di risorse economiche e materiali. Questo, in un certo senso, diede vita al fenomeno del design automobilistico come lo intendiamo oggi: un lavoro frutto della combinazione di invenzione e ottimizzazione delle risorse necessarie alla produzione e basato sull’originalità delle soluzioni e sull’identità di prodotti che dovevano distinguersi all’interno di uno scenario commerciale che stava diventando sempre più competitivo.
Quali sono i modelli che per primi diedero forma a questo nuovo modo di pensare l’automobile?
Nella storia del car design esistono progetti senza tempo che sono riusciti ad attraversare le epoche perché furono visionari e perché, in virtù delle soluzioni concettuali e tecnologiche che adottarono, riuscirono a soddisfare pienamente le esigenze del proprio target. Sono progetti votati all’obiettivo, auto che furono costruite avendo come focus il concetto di utilizzo.
Credo che la FIAT 500 A, la cosiddetta “Topolino”, faccia sicuramente parte di questa categoria. Soprattutto se si pensa alle soluzioni che il grande designer Dante Giacosa trovò per risolvere i problemi legati all’economia dello spazio: fu sua la più grande innovazione di questo periodo nella concezione di una piattaforma minima per quanto riguarda il montaggio del telaio, del motore, delle sospensioni e dell’abitacolo. Nel 1934 l’ingegnere Fessia, allora direttore tecnico della FIAT e coordinatore del progetto, affidò al gruppo dell’ingegnere ventinovenne Giacosa, della sezione Motori Avio, il compito di progettare il telaio per un'auto piccola, economica, in grado di essere venduta – secondo le direttive ricevute dalla direzione – al prezzo di 5.000 lire. Come è noto, il gruppo Giacosa non aveva mai progettato un’auto: il condizionamento della tradizione fu quindi minimo e questo permise di pensare in modo più libero a nuove soluzioni che avrebbero cambiato per sempre il modo di progettare un’automobile.
Qual è stata la grande innovazione portata in vita dalla FIAT 500?
Una delle soluzioni più significative riguarda l’abitacolo. L’abitabilità di un telaio molto piccolo è garantita dall’intuizione geniale di posizionare il motore a sbalzo davanti all’assale anteriore in cui si trova il radiatore, arretrato rispetto al motore stesso: una soluzione contraria al normale posizionamento del motore tra l’assale anteriore e il cruscotto. L’idea vincente della FIAT 500 fu portare “fuori” la meccanica dell’auto, in base a quella che si potrebbe definire una “logica centrifuga”. Giacosa volle liberare l’abitacolo dalle intrusioni della meccanica e costruire un’auto attorno all’occupante e, per farlo, diede forma a una carrozzeria coerente e organica. Prendiamo ad esempio il cambio: la soluzione di infilare il cambio tra i due passeggeri gli permise di creare un abitacolo nel quale i piedi di guidatore e passeggero potessero essere posizionati molto in avanti. Il cofano, cioè, fu pensato come lo spazio dei piedi e non del motore. Grazie soprattutto a questa intuizione e alla scelta di optare per la sospensione trasversale, Giacosa riuscì a realizzare un’auto molto compatta e spaziosa mantenendo, al contempo, gli standard di comfort di una vettura ben più grande. Fu una rivoluzione. La bontà delle soluzioni trovate per la Topolino è testimoniata dal fatto che questo modello continuò a essere utilizzato anche dopo i suoi anni d’oro. In molte gare di auto storiche, si possono vedere vetture con la meccanica del pianale della FIAT 500… addirittura in Gran Bretagna, fino a pochi anni fa, esisteva una Formula 500 in cui tutte le vetture, per partecipare alla competizione, dovevano avere motore e sospensioni della FIAT 500, mentre il resto (posto guida e aerodinamica) erano liberi. La FIAT 500 è stata un’auto fenomenale se consideriamo quanta fortuna ha avuto, anche nel settore delle corse, ben oltre il 1955, l’anno nel quale smise di essere prodotta.