Il mondo di Heritage
Tutto sul dipartimento che valorizza il patrimonio storico Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Abarth.
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Ospite d’onore la nuova Alfa Romeo 33 Stradale.
Rho (MI) |
17 - 19 Novembre 2023
Milano AutoClassica 2023
Il debutto della Fiat Multipla 6x6 ed il tributo ad Autodelta
Le storie Heritage
Raccontiamo un secolo di tecnica, stile, agonismo e performance. Raccontiamo la nostra storia, e le vostre.
Le ultime storie:
CURIOSITÀ
Ci sono connessioni che creano grandi storie.
Fiat-Abarth 850 TC e Fiat-Abarth 1000 Berlina
Trasformazioni Abarth delle Fiat 600
Fiat 600
L’auto di famiglia ideale
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Un’esposizione temporanea e l’annuncio del progetto Abarth Classiche 1300 OT.
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La storia di quattro grandi brand dell'automobilismo italiano
Dai modelli più rappresentativi ai personaggi più vincenti e rivoluzionari, dagli eventi che hanno rappresentato, questa sezione racconta e celebra i pilastri di Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Abarth.
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Fiat 600

L’auto di famiglia ideale

Con il compito di motorizzare l’Italia, la Fiat 600 è protagonista, insieme alla Nuova 500, di uno dei cambiamenti più radicali del secolo scorso. Sostituisce egregiamente la 500 “Topolino” diventando l’auto ideale per le famiglie del boom demografico.


La Fiat 500, più nota come “Topolino”, nata nel 1936 tra i due conflitti mondiali, nel dopoguerra comincia a dimostrare i suoi limiti. La dirigenza Fiat, allora nelle mani di Vittorio Valletta, dalla seconda metà degli anni Quaranta spinge per la creazione di una valida sostituta. L’ultima serie della Topolino (in particolare nella versione “Giardiniera”) riscontra ancora successo proprio per la maggiore abitabilità. È proprio quella la strada da seguire per disegnare la nuova vettura che dovrà realmente motorizzare l’Italia e non solo, concretizzando quel progetto che, soprattutto a causa del secondo conflitto mondiale, la 500 aveva potuto realizzare solo in parte.

Il compito viene affidato a Dante Giacosa, già “padre” della Topolino, che con poche risorse, crea quel che si dimostrerà rapidamente un vero miracolo sia in termini di prodotto sia di successo commerciale.

Dall’esperienza delle tre serie della Topolino emerge quanto l’architettura tradizionale, con motore anteriore e trazione posteriore, presenti limiti per fornire in auto compatte il miglior compromesso tra ingombro esterno e spazi interni: per ottenere il massimo occorre concentrare motore e trazione o “tutt’avanti” o “tutto dietro”, soluzioni che consentono anche un risparmio in termini di materiali, peso e, di conseguenza, anche di costi. La prima ipotesi presenta però diverse incognite tecniche, prima fra tutte la necessità di rendere le ruote sia motrici che sterzanti: ci vorrà ancora qualche decennio perché la Casa torinese faccia il grande balzo.

Ragioni tecniche ed economiche inducono la squadra di Giacosa a sposare la soluzione “tutto dietro”. Il motore, completamente nuovo, è denominato Tipo 100: 4 cilindri in linea, valvole in testa comandate da aste e bilancieri azionati da un albero a camme laterale mosso da catena, carburatore Weber 22, radiatore dell’acqua sul lato destro del motore forzatamente raffreddato da una ventola con convogliatore calettata sulla pompa dell’acqua, due cinghie trapezoidali portano il moto alla dinamo e da questa all’insieme pompa/ventola. Cambio a quattro marce, esclusa la prima, sincronizzate. Il motore è in posizione longitudinale “a sbalzo” dietro l’asse posteriore e, di conseguenza, il cambio orientato verso l’abitacolo. Cilindrata 633 cc, 21,5 CV a 4.600 giri/minuto.

Senza telaio tradizionale la scocca è portante e la ciclistica, per l’epoca, è economica ma al contempo efficace, grazie all’impiego di quattro sospensioni indipendenti: molle elicoidali al retrotreno con semiassi oscillanti, mentre all’avantreno c’è una balestra trasversale che svolge anche il ruolo di barra stabilizzatrice, quattro ammortizzatori idraulici completano l’architettura.

Le forme della carrozzeria sono tondeggianti, nel primo prototipo i fari sono posizionati sul cofano anteriore, poi, non solo per semplicità, trasferiti sui parafanghi sormontati da due filanti gemme in alluminio con gli indicatori di direzione. Sotto il cofano anteriore c’è il serbatoio della benzina, la ruota di scorta, la borsa utensili e un po’ di spazio per pacchi e valigette. Le due porte incernierate posteriormente, sono dotate di vetri in tre parti: anteriore e centrale possono mutuamente scorrere in senso longitudinale, mentre la più piccola porzione restante, in plexiglass, si può aprire verticalmente verso l’interno in funzione di deflettore. L’abitacolo offre due sedili anteriori e un divanetto posteriore per un totale di quattro posti. C’è spazio per alcuni bagagli dietro allo schienale che, una volta abbattuto può creare un ampio vano di carico rinunciando ai due posti posteriori.

L’assenza del radiatore nella parte anteriore lascia spazio alla creatività: sei baffi cromati con al centro il foro del clacson con cornici circolari e la piccola scritta 600, mentre il logo Fiat si trova sul cofano motore a precedere un ulteriore profilo cromato sulla nervatura che lo percorre longitudinalmente. La silhouette è caratterizzata dal parabrezza leggermente inclinato dal quale parte la linea continua del tetto che scende descrivendo un preciso arco nella parte posteriore fino al termine della scocca. Solo una leggera bombatura accenna, sui lati, i parafanghi posteriori.

Presentata al Salone di Ginevra del 1955 la Fiat 600 riscuote subito un gran successo: ha due posti in più, è più veloce e scattante della 500 C Belvedere e costa anche meno. Viene affiancata dalla versatile versione Multipla, evolve negli anni restando in produzione in Italia fino al 1969, ma all’estero ben oltre, sfiorando i 5 milioni di unità.


L’esordio pubblico avviene al Salone di Ginevra nel marzo del 1955. La nuova Fiat 600 costa meno della precedente “Topolino” ma ha due posti in più e linee più moderne. Il motore più potente la rende molto più agile e scattante, la velocità massima è di 95 km/h, mentre la ciclistica efficace consente di copiare bene le asperità delle strade dell’epoca non ancora tutte asfaltate e offre un ottimo comportamento in curva. Il successo è immediato e fioccano gli ordini, tanto che la produzione a Mirafiori, pur con ritmi sostenuti, crea liste d’attesa che superano anche l’anno.

In meno di un anno dal lancio la squadra di Giacosa propone, nel gennaio del 1956 al salone di Bruxelles, una sbalorditiva quanto eccentrica variante: la Fiat 600 Multipla, antesignana delle vetture multispazio capace di portare fino a sei persone. Dalle versioni Taxi a quelle per uso professionale, la Multipla diventa ulteriore successo nel successo.

Nel marzo del ’57 le prime modifiche: il motore guadagna mezzo cavallo, i vetri delle porte anteriori ora sono in pezzo unico che si abbassa attraverso la tradizionale manovella, cambiano anche i gruppi ottici posteriori. Secondo step nel marzo 1959: la potenza sale a 24,5 CV e la velocità massima raggiunge i 100 km/h. A fine anno le modifiche ai gruppi ottici: davanti spariscono gli indicatori di direzione sulla parte superiore del parafango e compaiono le gemme davanti e i “bottoni” arancioni sulla parte laterale, mentre dietro le frecce e i catarifrangenti ingrandiscono il complesso delle luci.

Alla fine del 1960 è la volta della Fiat 600D: cresce la cilindrata a 767 cc che con 29 CV porta la velocità massima a 110 km/h. Per migliorare il raffreddamento aumenta il numero delle feritoie nel cofano motore mentre i vetri anteriori sono ora dotati di deflettore. Nel 1964 le portiere cambiano verso: ora non si aprono più “a favore di vento” o, come si usava dire all’epoca “contro vento”, così le cerniere, non più a vista, sono nascoste all’interno della carrozzeria.

Con la tipica “dissolvenza incrociata” di stile cinematografico, la produzione della Fiat 600 prosegue anche dopo l’arrivo dell’erede Fiat 850 nel 1964. Gli interscambi tra i due modelli derivano dalle economie di scala: la 600 prende dall’850 i fari più grandi, il parabrezza, il tetto e altre parti della carrozzeria, mentre l’850 eredita buona parte dell’architettura “tutto dietro”.

Nel corso degli anni molte sono le vetture fuoriserie che i carrozzieri realizzano partendo dalla 600: soprattutto coupé compatte ma eleganti, altre bizzarre e curiose come la “spiaggina” Fiat 600 Ghia Jolly senza tetto e con sedili in vimini realizzata dal carrozziere torinese.

La produzione in Italia termina alla fine del 1969 dopo oltre 2 milioni e 600 mila vetture, ma complessivamente, includendo quella in Argentina, Spagna, Germania, Austria, Jugoslavia e Cile sfiora i 5 milioni di unità. Tra il 1956 e il 1962 lo stabilimento di Mirafiori supera abbondantemente le 100 mila auto all’anno sfiorando più volte le 150 mila tra il 1957 e il 1960.

La qualità del progetto “Tipo 100” fa sì che il motore della 600 continui a evolvere negli anni crescendo costantemente in potenza e continuando a motorizzare altri modelli Fiat: dalle 850 alle 127, dalla prima Autobianchi A112 Abarth 58 HP alle Panda 45 fino alla Fiat Uno 45, passando il testimone ai motori FIRE a metà degli anni Ottanta ma restando ancora utilizzato fino agli anni 2000. Non solo il motore: anche il telaio e la ciclistica della 600 dimostreranno le loro doti nelle imbattibili elaborazioni create dall’Abarth, quelle 850 e 1000 TC che scriveranno la storia della Casa dello Scorpione nei circuiti di tutto il mondo.

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