Con una visione che va oltre la mobilità elettrica, la Fiat Downtown stravolge i canoni convenzionali con alcune soluzioni originali, pratiche e funzionali, affiancate ad altre tecnicamente così avanzate da anticipare di decenni l’impiego nella produzione di serie: una microcar tre posti in cui la vivibilità è posta al centro, come il guidatore.
Nel gennaio 1993 si insedia alla Casa Bianca il 42° Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton. È proprio agli USA, in particolare alla città di Los Angeles, a cui si ispira, a partire dal nome che appartiene a uno dei quartieri più famosi, la concept car che Fiat presenta a marzo al Salone Internazionale di Ginevra: la Downtown.
In quegli anni la circolazione nelle città, nelle megalopoli americane ma nono solo, è molto complessa e i livelli d’inquinamento sempre più alti. Le amministrazioni corrono ai ripari per disincentivare il traffico individuale con tariffe proibitive per i parcheggi: è pensiero comune che in pochi anni il parco circolante a Los Angeles, ma non solo, vedrà un notevole incremento di vetture a emissioni zero.
È in questo scenario che, già alla fine degli anni Ottanta, in Fiat nasce il progetto di una microcar a tre posti a trazione elettrica. I due motori elettrici collocati nei mozzi delle ruote posteriori erogano 9,5 CV, sufficienti a spingere la Downtown fino a 100 km/h. Una speciale batteria allo zolfo-sodio le consente un’autonomia di 300 km a una velocità media di 50 km/h. La vettura ha il telaio e la scocca in allumino, materiali che le permettono di pesare solamente 700 kg.
Questi i numeri, già molto interessanti per l’epoca, sono solamente il punto di partenza, perché le scelte orientate da un lato verso la sostenibilità ma soprattutto lo stravolgimento del concetto di funzionalità e abitabilità, superano gli schemi convenzionali non solo di allora.
La Fiat Downtown è lunga soltanto 2,5 metri ma è alta quasi 1,5 (esattamente 1,49 m). L’abitacolo offre tre posti: in posizione centrale avanzata siede il conducente, leggermente arretrati i due passeggeri laterali. La posizione inusuale di questi due sedili vede gli schienali orientati verso l’esterno della vettura per lasciare spazio alle ruote posteriori, mentre le gambe dei passeggeri, con le ginocchia all’altezza dello schienale del guidatore, si allargano verso le portiere. Dalle tre sedute i passeggeri hanno ampia visione del mondo esterno, senza schienali o poggiatesta a oscurare l’orizzonte davanti a loro.
L’accesso avviene attraverso due grandi porte che inglobano parte del pavimento: l’inusuale forma consente al conducente di poggiare il piede a terra stando ancora seduto, per alzarsi facilmente in posizione quasi eretta ancora all’interno dell’ingombro a terra della vettura. La sicurezza è curata nei minimi dettagli: le cinture del guidatore sono ancorate direttamente al sedile che offre altre soluzioni inedite, come il seggiolino per bambini con poggiatesta laterali, totalmente integrato in uno dei due sedili passeggero.
La testimonianza di Roberto Giolito, designer della Downtown sotto l’egida di Chris Bangle (allora responsabile del design Fiat) e oggi a capo del Dipartimento Heritage di Stellantis, ci permette di conoscere non tanto, e non solo, dettagli curiosi della concept car ma quanto i tre esemplari prodotti (2 vetture complete e un muletto per le prove di affidabilità e autonomia delle batterie) fossero realmente funzionanti in ogni componente e non un mero esercizio di stile.
Il primo dettaglio che Roberto Giolito racconta riguarda la scelta della lunghezza: rigorosamente 2,5 metri, non un centimetro di più. La misura, perentoriamente vincolante, è legata alla possibilità di trasporto sui treni: 2,5 metri permettono di collocare la Downtown in posizione trasversale, caricandola con un muletto ma potendone stivare un quantitativo maggiore rispetto alla convenzionale posizione longitudinale. In fase di progettazione si pensa già anche all’economia della distribuzione su larga scala della city car.
Le forme esterne sono ricavate per sottrazione, come si potrebbe fare su una spiaggia con una scultura di sabbia: da un parallelepipedo vengono tolte sottili porzioni, per creare le curvature a partire dal tetto scendendo al parabrezza fino al piccolo cofano anteriore. La passione per le vetture tre posti, o con il numero 3 protagonista, è la firma del designer italiano anche in realizzazioni successive: la Trepiuno, concept da cui nascerà l’attuale Nuova 500, ma ancor prima, la Fiat Multipla, con due file di tre posti, nella quale alcuni dettagli, ma più in generale l’approccio alla centralità del concetto di abitabilità, derivano direttamente dalla Downtown.
L’ergonomia e la versatilità dell’abitacolo, proprio per i ridotti spazi, sono curate nei minimi dettagli. Tutti i comandi in plancia sono ben visibili e intuitivi, così come la “scapola” negli interni porta che ne contiene diversi: dalle bocchette di aerazione ai tasti dell’alzavetro, dalla leva per aprire la serratura alla maniglia sporgente che facilita la presa dal posto di guida centrale.
Proprio il disegno di quest’ultimo particolare sarà ripreso nelle portiere della Fiat Multipla.
I molteplici impieghi dell’abitacolo sono facilitati anche dagli schienali dei sedili laterali che possono essere rimossi singolarmente e fissati uno dietro l’altro, lasciando così spazio anche per oggetti ingombranti come un violoncello nella sua custodia, o più semplicemente le borse della spesa. Giolito racconta che la forma dei sedili è stata progettata con la consulenza di un autorevole fisioterapista: l’ergonomia del sedile di guida nella sua apparente semplicità, era garantita dalla forma dello schienale che spingeva in avanti la parte lombare della schiena.
Tra gli elementi di alta tecnologia, oltre al sistema di navigazione con la rete satellitare GPS, soluzione più che innovativa allora, le luci di posizione a LED, davanti e dietro, oltre all’impiego dei fari poliellissoidali, raffinata tecnologia ottica che riduce la dimensione del faro e produce un cono di luce profondo, molto preciso e uniforme. In seguito, questi fari verranno utilizzati su vetture sportive, come la Fiat Coupé e la Lancia Delta Integrale Evoluzione.
Tra i ricordi più curiosi, racconta ancora Giolito, l’esperienza nata dall’impiego della rete GPS per la creazione di un inedito avveniristico sistema di navigazione con la mappatura della città di Torino. Il sistema GPS, nato in ambito militare statunitense, era stato da poco rilasciato per l’impiego pubblico, le competenze erano ancora confinate in aziende fornitrici di sistemi e servizi per l’Esercito: per mettere a punto le mappe, Giolito racconta di essersi recato in una struttura specializzata di Torino e di aver dovuto percorrere bendato, per evidenti ragioni di riservatezza militare, i corridoi prima di arrivare alla stanza in cui lavorare sul software del GPS per la Downtown.
Presso lo spazio espositivo Heritage HUB, nell’area Eco & Sustainable, è conservato uno dei tre esemplari prodotti e a lungo utilizzato per sperimentazioni e studi nell’ambito della mobilità elettrica.
Sempre a Torino, presso il Mauto, è esposto l’esemplare di color verde.